Alla ricerca della felicità: Ferri e Jung a Ravenna ammaliano il pubblico


Alla ricerca della felicità: Ferri e Jung a Ravenna ammaliano il pubblico
Alessandra Ferri e Carsten Jung in "L'Heure Exquise" di Maurice Béjart- Foto di Silvia Lelli

Malgrado tutto ha l’anima di una bambina felice il personaggio di Winnie rivisitata dal coreografo francese Maurice Béjart  nel 1998, per Carla Fracci, nello spettacolo L’Heure Exquise ispirandosi a una tra le più celebri opere teatrali di Samuel Beckett (Giorni Felici) del 1961 e interpretata, per la prima volta, con maestria e naturalezza, da Alessandra Ferri in coppia con il danzatore Carsten Jung dell’Hamburg Ballet, al debutto, ieri sera al Teatro Alighieri per Ravenna Festival (repliche fino al 6 giugno e a Torinodanza Festival il 13 e 14 settembre). Sommersa da metà vita in giù, da una montagna di scarpette da punta e non da un cumulo di sabbia come nella pièce originale di Beckett, Ferri ammalia il pubblico fin dall’inizio, con una recitazione ben calibrata, sospesa tra pause, sorrisi, risate, turbamenti, canzoni e tanti malinconici ricordi che riemergono, come per un gioco di prestigio, da una borsa attraverso una spazzola, una boccetta di profumo, uno specchio, una rosa  e una rivoltella, simbolo di una costante minaccia alla felicità. Ferri trasmette con naturalezza, l’innocente gaiezza di una donna che ha trascorso la sua vita sul palcoscenico, un po’ come lei che, proprio quarant’anni fa, iniziò la sua folgorante carriera al Royal Ballet di Londra. Accompagnati dalle musiche di Anton Webern, Five pieces for orchestra, dall’Adagio Symphony n.4 III moviment di Gustav Mahler dalla frizzante Fantasia in C Minor k.475 di W.A.Mozart, dall’orecchiabile motivetto Tea for Two dal musical No No Nanette e da La Veuve Joyeuse di Franz Lehar, i due protagonisti affrontano l’immobilismo angosciante dell’esistenza tra attimi di ritrovata felicità in lotta con il minaccioso spettro della morte, sempre in agguato, rappresentato dalla pistola. Maneggiata ma mai usata, l’arma non sopprime la felicità di Winnie che sgorga, malgrado la solitudine, inarrestabile; la protagonista trascina il suo debole partner in una danza inaspettata, galoppa a cavalcioni su di lui, balla contenta sotto l’ombrello rosso, canticchia, danza con quella gaiezza spensierata alla “Giselle” del primo atto. Compare ieratica come una statua, in cima alla montagnetta di scarpette, nella seconda parte dello spettacolo, avvolta in un mantello di tulle bianco con in testa un cappellino (i bellissimi costumi sono di Luisa Spinatelli), per poi esibirsi con la lievità di una sposa. Uno spettacolo esistenzialista che regala anche atmosfere felliniane e da musical, per esempio nel divertente passo a due sulle note di Tea for two da No No Nanette dove i due ballerini danzano attimi di autentica felicità. Un motivetto che rimane nel cuore degli spettatori, anche a fine spettacolo e che ci accompagnerà nei prossimi giorni. Una ragione in più per continuare a essere felici in questa vita ritrovata.

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Alessandra Ferri e Carsten Jung in "L'Heure Exquise" di Maurice Béjart- Foto di Silvia Lelli

Malgrado tutto ha l’anima di una bambina felice il personaggio di Winnie rivisitata dal coreografo francese Maurice Béjart  nel 1998, per Carla Fracci, nello spettacolo L’Heure Exquise ispirandosi a una tra le più celebri opere teatrali di Samuel Beckett (Giorni Felici) del 1961 e interpretata, per la prima volta, con maestria e naturalezza, da Alessandra Ferri in coppia con il danzatore Carsten Jung dell’Hamburg Ballet, al debutto, ieri sera al Teatro Alighieri per Ravenna Festival (repliche fino al 6 giugno e a Torinodanza Festival il 13 e 14 settembre). Sommersa da metà vita in giù, da una montagna di scarpette da punta e non da un cumulo di sabbia come nella pièce originale di Beckett, Ferri ammalia il pubblico fin dall’inizio, con una recitazione ben calibrata, sospesa tra pause, sorrisi, risate, turbamenti, canzoni e tanti malinconici ricordi che riemergono, come per un gioco di prestigio, da una borsa attraverso una spazzola, una boccetta di profumo, uno specchio, una rosa  e una rivoltella, simbolo di una costante minaccia alla felicità. Ferri trasmette con naturalezza, l’innocente gaiezza di una donna che ha trascorso la sua vita sul palcoscenico, un po’ come lei che, proprio quarant’anni fa, iniziò la sua folgorante carriera al Royal Ballet di Londra. Accompagnati dalle musiche di Anton Webern, Five pieces for orchestra, dall’Adagio Symphony n.4 III moviment di Gustav Mahler dalla frizzante Fantasia in C Minor k.475 di W.A.Mozart, dall’orecchiabile motivetto Tea for Two dal musical No No Nanette e da La Veuve Joyeuse di Franz Lehar, i due protagonisti affrontano l’immobilismo angosciante dell’esistenza tra attimi di ritrovata felicità in lotta con il minaccioso spettro della morte, sempre in agguato, rappresentato dalla pistola. Maneggiata ma mai usata, l’arma non sopprime la felicità di Winnie che sgorga, malgrado la solitudine, inarrestabile; la protagonista trascina il suo debole partner in una danza inaspettata, galoppa a cavalcioni su di lui, balla contenta sotto l’ombrello rosso, canticchia, danza con quella gaiezza spensierata alla “Giselle” del primo atto. Compare ieratica come una statua, in cima alla montagnetta di scarpette, nella seconda parte dello spettacolo, avvolta in un mantello di tulle bianco con in testa un cappellino (i bellissimi costumi sono di Luisa Spinatelli), per poi esibirsi con la lievità di una sposa. Uno spettacolo esistenzialista che regala anche atmosfere felliniane e da musical, per esempio nel divertente passo a due sulle note di Tea for two da No No Nanette dove i due ballerini danzano attimi di autentica felicità. Un motivetto che rimane nel cuore degli spettatori, anche a fine spettacolo e che ci accompagnerà nei prossimi giorni. Una ragione in più per continuare a essere felici in questa vita ritrovata.

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