“Ballo l’essenza di Virginia”


“Ballo l’essenza di Virginia”
Federico Bonelli e Alessandra Ferri in "Woolf Works" di Wayne McGregor in scena alla Scala. Foto di Tristram Kenton

“Il mio personaggio? Meraviglioso sono allo stesso tempo Virginia Woolf e Mrs.Dalloway” Alessandra Ferri, a pochi giorni dal debutto italiano alla Scala di Woolf Works, capolavoro di Wayne McGregor creato nel 2015 per il Royal Ballet, svela la sua interpretazione dell’anima “rivoluzionaria” e “fragile” della celebre scrittrice inglese. Ritornata a danzare nel 2013, dopo sei anni di assenza, parla anche di Milano “bellissima e culturalmente viva” dove è nata e cresciuta fino a 15 anni quando la lasciò per Londra. Con Woolf Works, di McGregor, coreografo dalla genialità innovativa, appassionato di neuroscienza, letteratura, arte, ha vinto, nel 2016, il suo secondo Olivier Award per “Outstanding Achievement in Dance”. Il balletto su musica di Max Richter diretta da Koen Kessels, s’ispira ai diari, alle lettere e ai tre romanzi della scrittrice: Mrs.Dalloway, Orlando, Le onde. Dopo il suo memorabile addio alle scene nel 2007 in Dame aux Camélias di John Neumeier, Ferri riconquista il “suo” teatro al fianco di un altro italiano, Federico Bonelli (Principal dancer del Royal Ballet).
Si è calata anima e corpo nell’affascinante e instabile mondo della Woolf; la protagonista di Mrs.Dalloway è una donna di mezza età come lei, pura coincidenza? “Non credo, McGregor aveva ben chiaro cosa voleva: l’anima di Virginia. E quello è il mio ruolo. E’ riuscito a tradurre in danza l’essenza del romanzo, presente, passato e futuro convivono in modo molto toccante”.
Qual’è il suo registro interpretativo? “Mi sono concentrata sulla parte interiore più fragile: la sua solitudine e follia che la rendevano sofferente”.
Cos’è per lei la fragilita? “E’ la nostra umanità, nel momento in cui l’abbracciamo diventa forza, quando ne hai paura ti rende ancora più fragile”.
Com’è stato il suo approccio alla figura della Woolf, ha letto prima i suoi romanzi? “Si, alcuni li avevo già letti ma li ho ripresi e mi sono concentrata su Mrs.Dalloway, Orlando, Le onde. E’ questo il mio approccio quando devo interpretare dei personaggi che esistono in letteratura: cerco di leggerli prima e non mentre li lavoro, in modo che mi lascino una traccia, un sentimento, è lì che trovo l’anima del personaggio”.
Milano è la città dove è nata e dove è cominciata la sua vita umana e artistica. Qual è oggi il suo rapporto con questa città che il “New York Times” ha definito la capitale d’Italia? “Sì, sono nata alla Clinica San Camillo, è molto cambiata, è una città internazionale, brulica di progetti ma non ha perso la sua identità, la vecchia Milano esiste ancora, si è solo rinnovata. Oggi l’osservo attraverso gli occhi di mia figlia ventunenne che l’ha preferita a New York per aprire la sua linea di vestiti Madunine Milano”.
C’è una zona che predilige? Zona Tortona ma quando torno vivo nell’area stupenda delle cinque vie, Santa Marta, via Morigi, via Circo, vicino a mia figlia, dietro a Corso Magenta, Sant’Ambrogio”.
Da quando è ritornata a danzare, ha interpretato figure femminili in sintonia con la sua età di “giovanissima cinquantacinquenne”: Lea in Chéri di Martha Clarke, tratto dal romanzo di Colette, Duse di John Neumeier e ora Woolf , c’è un filo conduttore tra queste donne?
“Duse e Woolf sono donne realmente esistite, Lea no anche se il mondo è pieno di Lee (ride). Il filo conduttore è che sono donne con un vissuto; questi coreografi hanno avuto il coraggio di creare per me delle cinquantenni e non è scontato”.
Nella sua vita sembra ci siano più consapevolezza, gratitudine, gioia, serenità, equilibrio, insomma è una donna felice? “È un momento molto bello. Ho una grande apertura verso il presente, sono autentica, ho imparato chi sono veramente dentro, mi sono accolta”.
È faticoso liberarsi dai pregiudizi verso sé stessi e gli altri?
“Si giudica, si hanno delle aspettative che non sempre sono autentiche. È bello sentirsi liberi di essere chi siamo veramente”.
Progetti? “Danzerò con Roberto Bolle a Tokyo, al Bunkyo Civic Hall, dal 31 luglio al 4 agosto”.
Com’è’ cambiato, in questi anni, il vostro modo di danzare insieme?
“E’ stato bello vederlo crescere, prima del 2007 c’era una grande differenza, lui era alle sue prime esperienze, lo conducevo per mano adesso non è più cosi, ora ha molta più padronanza e il rapporto è alla pari”.
Lei e Bolle, in due diverse interviste, avete dichiarato di avere molta gratitudine verso i vostri genitori perché vi hanno lasciati liberi di scegliere e dato grande fiducia. E’ riuscita a fare lo stesso con le sue figlie?
“Spero di sì, ascoltare i propri figli, credergli , non imporre il tuo modo di concepire la vita, è importante. I miei genitori che erano fuori dal mondo del teatro e del ballo mi hanno sempre supportato. Non ho mai avuto la sensazione che dovessi provare qualcosa a loro, valevo come persona al di là dei mei successi. Ho sentito il supporto del loro amore ed è stato fondamentale. Se non fosse andata bene, sapevo che non sarei tornata a casa con le orecchie basse ma accolta con grande amore”.
Dove immagina di vivere in futuro?
“Non ho piani futuri a lungo termine, non escludo nulla, non ho delle radici vere e proprie, ora sono felice a Londra, mi piace moltissimo ma vedremo cosa succederà”.
Cos’è per lei il “Benessere”, nel senso di “Esistere Bene”?
<<E’ armonia, è uno sguardo sulla vita più ampio che abbraccia la nostra umanità ma anche una dimensione più elevata, è comprendere che siamo molto più grandi di quello che pensiamo >>.

(Intervista pubblicata parzialmente su TuttoMilano il 4/4/2019)

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“Ballo l’essenza di Virginia”


“Ballo l’essenza di Virginia”
Federico Bonelli e Alessandra Ferri in "Woolf Works" di Wayne McGregor in scena alla Scala. Foto di Tristram Kenton

“Il mio personaggio? Meraviglioso sono allo stesso tempo Virginia Woolf e Mrs.Dalloway” Alessandra Ferri, a pochi giorni dal debutto italiano alla Scala di Woolf Works, capolavoro di Wayne McGregor creato nel 2015 per il Royal Ballet, svela la sua interpretazione dell’anima “rivoluzionaria” e “fragile” della celebre scrittrice inglese. Ritornata a danzare nel 2013, dopo sei anni di assenza, parla anche di Milano “bellissima e culturalmente viva” dove è nata e cresciuta fino a 15 anni quando la lasciò per Londra. Con Woolf Works, di McGregor, coreografo dalla genialità innovativa, appassionato di neuroscienza, letteratura, arte, ha vinto, nel 2016, il suo secondo Olivier Award per “Outstanding Achievement in Dance”. Il balletto su musica di Max Richter diretta da Koen Kessels, s’ispira ai diari, alle lettere e ai tre romanzi della scrittrice: Mrs.Dalloway, Orlando, Le onde. Dopo il suo memorabile addio alle scene nel 2007 in Dame aux Camélias di John Neumeier, Ferri riconquista il “suo” teatro al fianco di un altro italiano, Federico Bonelli (Principal dancer del Royal Ballet).
Si è calata anima e corpo nell’affascinante e instabile mondo della Woolf; la protagonista di Mrs.Dalloway è una donna di mezza età come lei, pura coincidenza? “Non credo, McGregor aveva ben chiaro cosa voleva: l’anima di Virginia. E quello è il mio ruolo. E’ riuscito a tradurre in danza l’essenza del romanzo, presente, passato e futuro convivono in modo molto toccante”.
Qual’è il suo registro interpretativo? “Mi sono concentrata sulla parte interiore più fragile: la sua solitudine e follia che la rendevano sofferente”.
Cos’è per lei la fragilita? “E’ la nostra umanità, nel momento in cui l’abbracciamo diventa forza, quando ne hai paura ti rende ancora più fragile”.
Com’è stato il suo approccio alla figura della Woolf, ha letto prima i suoi romanzi? “Si, alcuni li avevo già letti ma li ho ripresi e mi sono concentrata su Mrs.Dalloway, Orlando, Le onde. E’ questo il mio approccio quando devo interpretare dei personaggi che esistono in letteratura: cerco di leggerli prima e non mentre li lavoro, in modo che mi lascino una traccia, un sentimento, è lì che trovo l’anima del personaggio”.
Milano è la città dove è nata e dove è cominciata la sua vita umana e artistica. Qual è oggi il suo rapporto con questa città che il “New York Times” ha definito la capitale d’Italia? “Sì, sono nata alla Clinica San Camillo, è molto cambiata, è una città internazionale, brulica di progetti ma non ha perso la sua identità, la vecchia Milano esiste ancora, si è solo rinnovata. Oggi l’osservo attraverso gli occhi di mia figlia ventunenne che l’ha preferita a New York per aprire la sua linea di vestiti Madunine Milano”.
C’è una zona che predilige? Zona Tortona ma quando torno vivo nell’area stupenda delle cinque vie, Santa Marta, via Morigi, via Circo, vicino a mia figlia, dietro a Corso Magenta, Sant’Ambrogio”.
Da quando è ritornata a danzare, ha interpretato figure femminili in sintonia con la sua età di “giovanissima cinquantacinquenne”: Lea in Chéri di Martha Clarke, tratto dal romanzo di Colette, Duse di John Neumeier e ora Woolf , c’è un filo conduttore tra queste donne?
“Duse e Woolf sono donne realmente esistite, Lea no anche se il mondo è pieno di Lee (ride). Il filo conduttore è che sono donne con un vissuto; questi coreografi hanno avuto il coraggio di creare per me delle cinquantenni e non è scontato”.
Nella sua vita sembra ci siano più consapevolezza, gratitudine, gioia, serenità, equilibrio, insomma è una donna felice? “È un momento molto bello. Ho una grande apertura verso il presente, sono autentica, ho imparato chi sono veramente dentro, mi sono accolta”.
È faticoso liberarsi dai pregiudizi verso sé stessi e gli altri?
“Si giudica, si hanno delle aspettative che non sempre sono autentiche. È bello sentirsi liberi di essere chi siamo veramente”.
Progetti? “Danzerò con Roberto Bolle a Tokyo, al Bunkyo Civic Hall, dal 31 luglio al 4 agosto”.
Com’è’ cambiato, in questi anni, il vostro modo di danzare insieme?
“E’ stato bello vederlo crescere, prima del 2007 c’era una grande differenza, lui era alle sue prime esperienze, lo conducevo per mano adesso non è più cosi, ora ha molta più padronanza e il rapporto è alla pari”.
Lei e Bolle, in due diverse interviste, avete dichiarato di avere molta gratitudine verso i vostri genitori perché vi hanno lasciati liberi di scegliere e dato grande fiducia. E’ riuscita a fare lo stesso con le sue figlie?
“Spero di sì, ascoltare i propri figli, credergli , non imporre il tuo modo di concepire la vita, è importante. I miei genitori che erano fuori dal mondo del teatro e del ballo mi hanno sempre supportato. Non ho mai avuto la sensazione che dovessi provare qualcosa a loro, valevo come persona al di là dei mei successi. Ho sentito il supporto del loro amore ed è stato fondamentale. Se non fosse andata bene, sapevo che non sarei tornata a casa con le orecchie basse ma accolta con grande amore”.
Dove immagina di vivere in futuro?
“Non ho piani futuri a lungo termine, non escludo nulla, non ho delle radici vere e proprie, ora sono felice a Londra, mi piace moltissimo ma vedremo cosa succederà”.
Cos’è per lei il “Benessere”, nel senso di “Esistere Bene”?
<<E’ armonia, è uno sguardo sulla vita più ampio che abbraccia la nostra umanità ma anche una dimensione più elevata, è comprendere che siamo molto più grandi di quello che pensiamo >>.

(Intervista pubblicata parzialmente su TuttoMilano il 4/4/2019)

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