Calorosi applausi per “Boys don’t cry”: il ragazzo che voleva danzare contro ogni pregiudizio


Calorosi applausi per “Boys don’t cry”: il ragazzo che voleva danzare contro ogni pregiudizio
"Boys don't cry" Frédérique Calloch

Hanno qualcosa di speciale i danzatori della compagnia di Hervé Koubi oltre alla bravura dei loro virtuosismi tra hip-hop, street dance e contemporaneo: la semplicità dei loro cuori che colpisce direttamente gli spettatori perché senza filtri, sincera, autentica, libera da strati di pensieri che noi occidentali accumuliamo come una torre di Babele perdendoci spesso l’essenza delle cose e dei sentimenti. Ieri sera nel terzo spettacolo, Boys don’t cry, della compagnia del coreografo franco algerino Koubi ospite a MilanOltre, creato in collaborazione con l’amico ballerino Fayçal Hamlat insieme in un divertente preambolo prima dell’inizio dello spettacolo, i sette danzatori originari del nord Africa, in jeans bianchi, torso nudo ballano e raccontano la storia di uno di loro costretto dai genitori a giocare a calcio e poi a sfidarsi in un combattimento di judo per allontanarlo dalla sua unica vera passione: la danza. Un lavoro delicato, dalla parte dei ragazzi (lo spettacolo era nato nel 2018 per una platea di adolescenti) ispirato al testo originale della scrittrice Chantal Thomas (allieva di Roland Barthes) e, da metà ottobre, in libreria nell’edizione italiana (Scalpendi) curata da Rino De Pace e Elisa Guzzo Vaccarino che tocca una verità profonda: quando i genitori devono fare i conti con il figlio reale e non quello ideale; il dolore di un ragazzo arabo che s’immagina, in sogno, il padre morto che gli va incontro dicendogli “figlio mio sono fiero di te” mentre gli dedica la sua danza, unico modo autentico di dirgli il suo “essere” al di là di ogni stereotipo. E il pubblico coglie tutta la  gioia e la tenerezza infinita di un giovane che cerca  l’amore, la stima e l’accettazione dei propri genitori con la semplicità del suo corpo danzante, felice perché quello è il suo modo di esserci nel mondo. Uno spettacolo che commuove dove la recitazione s’intreccia con delicatezza e garbo alla danza giocosa, roteante, fatta di abbracci, lotte, scivolate, gambe in su e testa in giù che colpisce direttamente il cuore.

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"Boys don't cry" Frédérique Calloch

Hanno qualcosa di speciale i danzatori della compagnia di Hervé Koubi oltre alla bravura dei loro virtuosismi tra hip-hop, street dance e contemporaneo: la semplicità dei loro cuori che colpisce direttamente gli spettatori perché senza filtri, sincera, autentica, libera da strati di pensieri che noi occidentali accumuliamo come una torre di Babele perdendoci spesso l’essenza delle cose e dei sentimenti. Ieri sera nel terzo spettacolo, Boys don’t cry, della compagnia del coreografo franco algerino Koubi ospite a MilanOltre, creato in collaborazione con l’amico ballerino Fayçal Hamlat insieme in un divertente preambolo prima dell’inizio dello spettacolo, i sette danzatori originari del nord Africa, in jeans bianchi, torso nudo ballano e raccontano la storia di uno di loro costretto dai genitori a giocare a calcio e poi a sfidarsi in un combattimento di judo per allontanarlo dalla sua unica vera passione: la danza. Un lavoro delicato, dalla parte dei ragazzi (lo spettacolo era nato nel 2018 per una platea di adolescenti) ispirato al testo originale della scrittrice Chantal Thomas (allieva di Roland Barthes) e, da metà ottobre, in libreria nell’edizione italiana (Scalpendi) curata da Rino De Pace e Elisa Guzzo Vaccarino che tocca una verità profonda: quando i genitori devono fare i conti con il figlio reale e non quello ideale; il dolore di un ragazzo arabo che s’immagina, in sogno, il padre morto che gli va incontro dicendogli “figlio mio sono fiero di te” mentre gli dedica la sua danza, unico modo autentico di dirgli il suo “essere” al di là di ogni stereotipo. E il pubblico coglie tutta la  gioia e la tenerezza infinita di un giovane che cerca  l’amore, la stima e l’accettazione dei propri genitori con la semplicità del suo corpo danzante, felice perché quello è il suo modo di esserci nel mondo. Uno spettacolo che commuove dove la recitazione s’intreccia con delicatezza e garbo alla danza giocosa, roteante, fatta di abbracci, lotte, scivolate, gambe in su e testa in giù che colpisce direttamente il cuore.

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