Dallo splendore neoclassico al sorriso: un viaggio nel Trittico alla Scala
Trittico Balanchine/Robbins è una serata che parte con un gioiello neoclassico Theme and Variations di George Balanchine, una delle pietre miliari della sua immensa produzione artistica, creato nel 1947, che debuttò al City Center di New York. Si tratta di un ritorno felice alla Scala di questo storico balletto, l’ultima volta fu nel 2005, al Teatro degli Arcimboldi, nella serata dal titolo “Novecento-Grandi coreografi del Ventesimo secolo” e , anche in quest’occasione, è stata chiamata per rimontarlo Patricia Neary famosa ripetitrice del Trust Balanchine. La coppia principale per il debutto di venerdì 8 novembre, sul palcoscenico del Piermarini, era Nicoletta Manni con il marito Timofej Andrijashenko ( in scena ancora il 13, 16 e 20 novembre) che hanno regalato momenti impeccabili di virtuosismi (i vorticosi fouettés dell’étoile) e gli afflati gioiosi di lui, all’interno di una coreografia molto veloce e complessa. Il balletto è ambientato in una sala da ballo, con lampadari di cristallo e un giardino dipinto, nell’elegante nuovo allestimento di Luisa Spinatelli, con tutù dai ricami preziosi e luccicanti; il fondale azzurro regala un’atmosfera sospesa e luminosa. In scena, oltre alla coppia principale, le quattro brave soliste, Gaia Andreanò, Caterina Bianchi, Camilla Cerulli, Linda Giubelli e altrettanti solisti in forma smagliante, Domenico Di Cristo, Edward Cooper, Rinaldo Venuti, Alessandro Paoloni con gli artisti del Corpo di Ballo. In un susseguirsi di passi fluenti sulle dodici variazioni dell’ultimo movimento della Suite n.3 di Čajkovskij , i passi a due si alternano con quelli corali. Un balletto che vuole omaggiare i Balletti Imperiali Russi con evidenti citazioni a La Bella Addormentata di Marius Petipa, attraverso un linguaggio di grande semplicità estetica che culmina, nel gran finale, con tutti i danzatori intorno alla coppia e la ballerina sollevata sulle spalle del partner che la sostiene in modo trionfale. Per la prima volta alla Scala Dances at a Gathering e The Concert del coreografo americano Jerome Robbins, hanno conquistato il pubblico, accolti con calorosi applausi, entrambi su musiche di Chopin. Robbins direttore artistico associato del New York City Ballet dal 1949 accanto a Balanchine, è stato un’artista eclettico formatosi a Broadway, appassionato di musical, memorabile il suo West Side Story che gli avvalse due premi Oscar, con il suo Dances at a Gathering (1969) porta una ventata di freschezza con dieci ballerini, cinque uomini e cinque donne, che danzano aerei in quattordici sequenze e intrecciano relazioni armoniose ispirati dalle musiche di Fryderyc Chopin: i diciotto assoli per pianoforte con mazurche, valzer, études, uno scherzo e un notturno. Il pezzo si apre con il solo interpretato con scioltezza e precisione da Claudio Coviello che intermezza movimenti classici a mosse più moderne e si sviluppa poi in passi a due, entrate e uscite dove gli interpreti si scambiano continuamente i partners creando un’atmosfera di leggerezza ed equilibrio. Le ragazze in abiti morbidi color pastello, i classici nastri tra i capelli, regalano gioiosi incontri amorosi e amicali con i ballerini, una danza astratta in un flusso prodigioso di movimenti emozionali, a tratti melanconici. Salti, corse che si arrestano in pose, avvolgono il pubblico in una corrente di energia positiva. Tutti perfettamente in armonia i dieci favolosi interpreti: le danzatrici Manni, Arduino, Mariani, Giubelli, Matteazzi con i ballerini Coviello, Andrijashenko, Gramada, Semperboni e Fagetti. Il balletto termina con gli sguardi sognanti dei danzatori rivolti verso l’alto accompagnati, dal Notturno op.15. Il terzo pezzo, The Concert (1956), è un piccolo gioiello di trenta minuti che regala risate e divertimento al pubblico. E’ la prima volta, confesso, che ho assistito alla Scala, a un pezzo così comico e divertente. Basta ricordare che la scenografia è stata affidata al celebre vignettista e caricaturista della rivista “The New Yorker”, Saul Steinberg, che ha disegnato anche i due sipari che rappresentano un teatro all’italiana. Un pianoforte sul palcoscenico attende il pianista, il giovane bravo Leonardo Pierdomenico in frac che si cala subito anche lui nella comicità dello spettacolo, controlla l’altezza dello sgabello e spolvera la tastiera del pianoforte poi inizia a suonare, con enfasi, le note della Berceuse op.57 mentre, poco alla volta, entrano in scena gli stravaganti ascoltatori, in calzamaglie azzurre, con le loro sedie pieghevoli. Ogni interprete scaligero si cala perfettamente nella comicità del proprio personaggio: la ballerina sognatrice, Caterina Bianchi, il marito farfallone Marco Agostino, la moglie arrabbiata Marta Gerani, lo studente timido Alessandro Paoloni, la ragazza rabbiosa , Antonella Albano, i due uomini Emanuele Cazzato e Massimo Della Mora, le due ragazze Rebecca Luca , Martina Marin, l’uscere Andrea Risso. Una comicità che punzecchia il balletto classico con le divertenti gags del gruppo delle sei ballerine impasticciate in errori comici che si gettano sul palcoscenico come se si tuffassero in una piscina. Le camminate disinvolte degli artisti, l’utilizzo di bizzarri cappellini e parrucche, i continui spostamenti da una sedia all’altra degli ascoltatori del concerto, la scena alla Magritte, con i danzatori sotto gli ombrelli fino all’esilarante finale con la storia d’amore delle farfalle. La ballerina sognatrice e il marito infedele, minacciati da altri maschi rivali, dalla moglie arrabbiata che chiede aiuto ad altre ragazze, tutti inseguiti dal pianista che cerca di acchiapparli, con una grande rete bianca per gli insetti. The Concert è il trionfo della versatilità di questo grande coreografo che si è nutrito di danza classica e moderna, teatro, jazz, musical.