Ingegnoso, poetico, drammatico “Io, Don Chisciotte” di Monteverde in tournée


Ingegnoso, poetico, drammatico “Io, Don Chisciotte” di Monteverde in tournée
Io Don Chisciotte Balletto di Roma foto Gabriele Orlandi

Un vagabondo, un drogato, un hidalgo, un barbone sperduto in una notte metropolitana che invece di un ronzino cavalca la carcassa di una Renault 4 affiancato da “una scudiera”, una sorta di Gelsomina felliniana incinta, interpretata con toccante bravura dalla barese Azzurra Schena. Io, Don Chisciotte con il Balletto di Roma nell’anniversario dei Sessant’anni della compagnia segna il ritorno di Fabrizio Monteverde, nome di punta della coreografia italiana negli anni Novanta, formatosi prima nell’ambiente del teatro e poi alla danza dopo una lunga pausa a Cuba. Il risultato è un lavoro ingegnoso, poetico, drammatico con interpreti bravi che regalano ai personaggi uno spaccato di un’ umanità sofferente ma mai definitivamente vinta, fragile ma perseverante nella ricerca di un proprio spazio nel vivere quotidiano. Francesco Costa, leccese, cresciuto in una famiglia di undici persone con molti fratelli ballerini, regala un’interpretazione avvincente del celebre hidalgo di Cervantes, sospeso tra malessere fisico, allucinazioni da droghe, incantata poesia nel cercare la sua Dulcinea, donna semplice in calzini e gonnella interpretata con lievità da Roberta De Simone e quintuplicata in immaginarie figure femminili con movenze da fotomodelle, in abiti attillati e scarpe sgargianti con il tacco. La fantasia di Monteverde spazia, accompagnato dalla musica di Ludwig Minkus e, a tratti, dalla voce recitante di Stefano Alessandroni  che recita il brano di Corrado D’Elia “A tutti gli illusi”. Il coreografo romano attualizza il poema universale di Cervantes con scelte registiche che funzionano, per esempio un vecchio ventilatore in acciaio, sostituisce i mulini a vento; la scena fumosa e un po’ vintage richiama a tratti la cinematografia di Wim Wenders. Il Don Chisciotte di Monteverde è un San Sebastiano trafitto dalle frecce, un Cristo al quale Sancho Panza fa la lavanda dei piedi e del corpo, un diseredato, un naufrago attaccato drammaticamente a una zattera di salvataggio che non molla perché, in fondo, intravede una luce, un miraggio per il quale vale la pena vivere. In tournée in Italia fino al 5 maggio.

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Ingegnoso, poetico, drammatico “Io, Don Chisciotte” di Monteverde in tournée


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Io Don Chisciotte Balletto di Roma foto Gabriele Orlandi

Un vagabondo, un drogato, un hidalgo, un barbone sperduto in una notte metropolitana che invece di un ronzino cavalca la carcassa di una Renault 4 affiancato da “una scudiera”, una sorta di Gelsomina felliniana incinta, interpretata con toccante bravura dalla barese Azzurra Schena. Io, Don Chisciotte con il Balletto di Roma nell’anniversario dei Sessant’anni della compagnia segna il ritorno di Fabrizio Monteverde, nome di punta della coreografia italiana negli anni Novanta, formatosi prima nell’ambiente del teatro e poi alla danza dopo una lunga pausa a Cuba. Il risultato è un lavoro ingegnoso, poetico, drammatico con interpreti bravi che regalano ai personaggi uno spaccato di un’ umanità sofferente ma mai definitivamente vinta, fragile ma perseverante nella ricerca di un proprio spazio nel vivere quotidiano. Francesco Costa, leccese, cresciuto in una famiglia di undici persone con molti fratelli ballerini, regala un’interpretazione avvincente del celebre hidalgo di Cervantes, sospeso tra malessere fisico, allucinazioni da droghe, incantata poesia nel cercare la sua Dulcinea, donna semplice in calzini e gonnella interpretata con lievità da Roberta De Simone e quintuplicata in immaginarie figure femminili con movenze da fotomodelle, in abiti attillati e scarpe sgargianti con il tacco. La fantasia di Monteverde spazia, accompagnato dalla musica di Ludwig Minkus e, a tratti, dalla voce recitante di Stefano Alessandroni  che recita il brano di Corrado D’Elia “A tutti gli illusi”. Il coreografo romano attualizza il poema universale di Cervantes con scelte registiche che funzionano, per esempio un vecchio ventilatore in acciaio, sostituisce i mulini a vento; la scena fumosa e un po’ vintage richiama a tratti la cinematografia di Wim Wenders. Il Don Chisciotte di Monteverde è un San Sebastiano trafitto dalle frecce, un Cristo al quale Sancho Panza fa la lavanda dei piedi e del corpo, un diseredato, un naufrago attaccato drammaticamente a una zattera di salvataggio che non molla perché, in fondo, intravede una luce, un miraggio per il quale vale la pena vivere. In tournée in Italia fino al 5 maggio.

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