“Ink”, Papaioannou scrive danze gravitazionali


“Ink”, Papaioannou scrive danze gravitazionali
Dimitris-Papaioannou foto Julian Mommert

“Finalmente realizzo l’idea di utilizzare i sistemi d’irrigazione per innaffiare i campi, in un luogo chiuso, amo il loro suono e sono sicuro che il pubblico scivolerà da un’energia simbolica all’altra” così il il greco Dimitris Papaioannou, il più corteggiato  “scrittore di spettacoli teatrali”  vivente, come ama definirsi piuttosto che “coreografo”, spiega il nuovo lavoro, INK, in prima assoluta e in esclusiva per l’Italia, il 22 e 23 settembre al Teatro Carignano a Torino e il 26 e 27 al Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia. Installazione site specific della durata di 45 minuti ma che promette “diventerà uno spettacolo a serata intera”, INK è nato dalla collaborazione dei due Festival, Torinodanza e Aperto, che già avevano accolto, con grande successo, altri suoi memorabili lavori: il primo, nel 2018, The Great Timer, un successo mondiale che ha girato quattro continenti con  più di 68 mila spettatori e Sisyphus/Trans/Form(2019) negli spazi della collezione Maramotti di Reggio Emilia.  Carattere “ottimista ma  melanconico”, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Atene, ha iniziato la sua ascesa nel 2004 con la cerimonia di apertura e chiusura dei Giochi Olimpici della capitale greca; produce spettacoli visionari e poetici dove i confini tra danza, pittura, scultura, mitologia e iconografia s’infrangono. Lo attraversa un sentimento di gratitudine alla vita: “sono un uomo incredibilmente fortunato, creare da gioia e senso alla mia vita, sento la responsabilità di utilizzare i talenti per produrre qualcosa d’interessante e utile, questo è il mio modo di esprimere gratitudine”. Si ritiene la persona meno adatta a parlare della pandemia “una tragedia globale che mi ha permesso di fermarmi e di riflettere”. La sua traboccante fantasia è di una voracità quasi insaziabile: “La mia immaginazione è, in realtà, molto più selvaggia di quella che mi permetto di presentare- afferma- ma spero che invecchiando e se ancora in salute, la esprimerò tutta senza tabù”. Papaioannou , 56 anni, nelle sue ultime produzioni, illuminato dalla pittura di Hieronymus Bosch, ma anche da Botticelli e i pre-raffaelliti,  mette in scena corpi nudi con molta naturalezza. “Sono sempre attirato dal corpo umano- dice-è come se io non stessi guardando un quadro ma esso mi appare di fronte, non è un’immagine che vedo e poi traduco in danza, accade e il pubblico la coglie tollerando la nudità perché so creare un’energia che crea un filtro”. In scena con lui, in INK, il giovane danzatore tedesco Šuka Horn, classe 1997, scelto a un’audizione e con il quale ha condiviso il periodo di lockdawn. “Horn si è formato con la breakdance ma in questo lavoro non ci siamo focalizzati  su questo suo background- spiega Papaioannou- ma sulla nostra drammatica differenza d’età e su tutte le fantasie scaturite dalla nostra diversità generazionale”. Un duetto simbolico tra un padre e un figlio, tra vecchio e nuovo, tra un corpo e un mostro che trova ispirazione anche nel cinema horror fantascientifico: “INK nasce dall’idea di un gioco tra un corpo e un polipo- spiega- l’inchiostro è un meccanismo difensivo ma serve anche per scrivere, un elemento carnale che si trasforma in un lavoro spirituale come scrivere o dipingere”. Nei lavori di Papaioannou, pensiamo anche a Since she(2018) prima produzione commissionata dal Tanztheater Wuppertal a un coreografo esterno dopo la morte di Pina Bausch nel 2009, si ritrovano archetipi della mitologia greca ma si percepisce anche un’influenza dell’iconografia cristiana. “Non sono una persona religiosa-confessa- ma sto cercando la dimensione spirituale, penso che la storia delle religioni per l’umanità è una grande storia e ammiro chi ha fede; la religione così’ come la scrittura, la pittura, la scultura, la musica aiutano gli individui e le masse. E’ facile , dall’altro lato e anche un po’ di moda, parlare dei crimini delle religioni ma non voglio perdere tempo su questo”. Una tensione che si percepisce nei suoi lavori popolati da astronauti, navicelle spaziali, aerei, costellazioni, una finestra aperta  sull’Universo, una passione vera e propria per il cosmo, quasi  fosse un fisico. “E’ vero- afferma-quando si sente il bisogno di elevarsi si coglie la necessità di contemplare in un modo filosofico la bellezza della legge di gravità e, il ballo, ha molto a che fare con la gravità, penso a una stoffa leggera che piano piano decelera, sono affascinato da come le leggi della fisica creano interessanti danze di elementi in collaborazione con il corpo umano”.

(Articolo-Intervista pubblicato su “Avvenire” il 22-09-2020)

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“Ink”, Papaioannou scrive danze gravitazionali


“Ink”, Papaioannou scrive danze gravitazionali
Dimitris-Papaioannou foto Julian Mommert

“Finalmente realizzo l’idea di utilizzare i sistemi d’irrigazione per innaffiare i campi, in un luogo chiuso, amo il loro suono e sono sicuro che il pubblico scivolerà da un’energia simbolica all’altra” così il il greco Dimitris Papaioannou, il più corteggiato  “scrittore di spettacoli teatrali”  vivente, come ama definirsi piuttosto che “coreografo”, spiega il nuovo lavoro, INK, in prima assoluta e in esclusiva per l’Italia, il 22 e 23 settembre al Teatro Carignano a Torino e il 26 e 27 al Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia. Installazione site specific della durata di 45 minuti ma che promette “diventerà uno spettacolo a serata intera”, INK è nato dalla collaborazione dei due Festival, Torinodanza e Aperto, che già avevano accolto, con grande successo, altri suoi memorabili lavori: il primo, nel 2018, The Great Timer, un successo mondiale che ha girato quattro continenti con  più di 68 mila spettatori e Sisyphus/Trans/Form(2019) negli spazi della collezione Maramotti di Reggio Emilia.  Carattere “ottimista ma  melanconico”, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Atene, ha iniziato la sua ascesa nel 2004 con la cerimonia di apertura e chiusura dei Giochi Olimpici della capitale greca; produce spettacoli visionari e poetici dove i confini tra danza, pittura, scultura, mitologia e iconografia s’infrangono. Lo attraversa un sentimento di gratitudine alla vita: “sono un uomo incredibilmente fortunato, creare da gioia e senso alla mia vita, sento la responsabilità di utilizzare i talenti per produrre qualcosa d’interessante e utile, questo è il mio modo di esprimere gratitudine”. Si ritiene la persona meno adatta a parlare della pandemia “una tragedia globale che mi ha permesso di fermarmi e di riflettere”. La sua traboccante fantasia è di una voracità quasi insaziabile: “La mia immaginazione è, in realtà, molto più selvaggia di quella che mi permetto di presentare- afferma- ma spero che invecchiando e se ancora in salute, la esprimerò tutta senza tabù”. Papaioannou , 56 anni, nelle sue ultime produzioni, illuminato dalla pittura di Hieronymus Bosch, ma anche da Botticelli e i pre-raffaelliti,  mette in scena corpi nudi con molta naturalezza. “Sono sempre attirato dal corpo umano- dice-è come se io non stessi guardando un quadro ma esso mi appare di fronte, non è un’immagine che vedo e poi traduco in danza, accade e il pubblico la coglie tollerando la nudità perché so creare un’energia che crea un filtro”. In scena con lui, in INK, il giovane danzatore tedesco Šuka Horn, classe 1997, scelto a un’audizione e con il quale ha condiviso il periodo di lockdawn. “Horn si è formato con la breakdance ma in questo lavoro non ci siamo focalizzati  su questo suo background- spiega Papaioannou- ma sulla nostra drammatica differenza d’età e su tutte le fantasie scaturite dalla nostra diversità generazionale”. Un duetto simbolico tra un padre e un figlio, tra vecchio e nuovo, tra un corpo e un mostro che trova ispirazione anche nel cinema horror fantascientifico: “INK nasce dall’idea di un gioco tra un corpo e un polipo- spiega- l’inchiostro è un meccanismo difensivo ma serve anche per scrivere, un elemento carnale che si trasforma in un lavoro spirituale come scrivere o dipingere”. Nei lavori di Papaioannou, pensiamo anche a Since she(2018) prima produzione commissionata dal Tanztheater Wuppertal a un coreografo esterno dopo la morte di Pina Bausch nel 2009, si ritrovano archetipi della mitologia greca ma si percepisce anche un’influenza dell’iconografia cristiana. “Non sono una persona religiosa-confessa- ma sto cercando la dimensione spirituale, penso che la storia delle religioni per l’umanità è una grande storia e ammiro chi ha fede; la religione così’ come la scrittura, la pittura, la scultura, la musica aiutano gli individui e le masse. E’ facile , dall’altro lato e anche un po’ di moda, parlare dei crimini delle religioni ma non voglio perdere tempo su questo”. Una tensione che si percepisce nei suoi lavori popolati da astronauti, navicelle spaziali, aerei, costellazioni, una finestra aperta  sull’Universo, una passione vera e propria per il cosmo, quasi  fosse un fisico. “E’ vero- afferma-quando si sente il bisogno di elevarsi si coglie la necessità di contemplare in un modo filosofico la bellezza della legge di gravità e, il ballo, ha molto a che fare con la gravità, penso a una stoffa leggera che piano piano decelera, sono affascinato da come le leggi della fisica creano interessanti danze di elementi in collaborazione con il corpo umano”.

(Articolo-Intervista pubblicato su “Avvenire” il 22-09-2020)

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