La strabiliante “Odyssey” di McGregor


La strabiliante “Odyssey” di McGregor
FOG 2024 - Company Wayne McGregor_UniVerse_

Un’avventura visiva e fisica dove il pubblico è immerso in scenari strabilianti con i superlativi danzatori della Company Wayne McGregor. Sto parlando del nuovo lavoro “Universe: A Dark Crystal Odyssey” del coreografo britannico, direttore della Biennale Danza di Venezia che, dopo il Teatro Grande di Brescia, è approdato felicemente a Milano, in Triennale, il 17 e 18 febbraio, ospite di Fog, e il 21 a Reggio Emilia, al Teatro Romolo Valli. I nove danzatori si esibiscono in fluttuanti soli, passi due, a tre, a cinque, di gruppo che ricordano lo stile di Merce Cunningham, in una coreografia digitale che porta lo spettatore, per mano, in universi naturali stupefacenti: il fondo dell’oceano con due grandi pesci colorati dove i corpi danzano; boschi innevati, deserti stellati,  ma anche rovinose scene di una petroliera in fiamme, città desolate dove giovani ragazzi, in tute nere, combattono per sopravvivere, contro umani diabolici e malvagi, in scenari di devastazione.  Le suggestive ambientazioni digitali di Ravi Deepres ma anche le calde luci di Lucy Carter, i costumi di Philip Delamore e Dr.Alex Box, tute attillate, damascate blu, alle quali, nel solo di una danzatrice asiatica, si aggiungono ali che la trasformano in una farfalla del futuro ma anche mostruose figure con le teste di unicorni; la voce calda recitante di Isaiah Hull, la drammaturgia studiata nei minimi dettagli di Uzma Hameed, hanno creato un puzzle spettacolare e invitante. Una creazione in cui McGregor svela tutta la sua passione per il genere fantasy, ispirato dal film cult “The Dark Crystal” di Jim Henson, dove elementi di un immaginario medioevale, lo spettacolo inizia, infatti, in una libreria ricca di oggetti, immagini di rettili, simboli esoterici e sacri, si mescolano in modo molto superficiale, per  viaggiare verso un futuro tecnologico in cui l’umanità e la natura, alla fine, ritrovano l’armonia perduta. I corpi dei danzatori si dibattono nella perenne lotta tra il bene e il male, tra influenze gotiche, aneliti mistici di ogni genere, dalle pietre filosofali, ai riti sciamani: un uomo vestito di paglia con una maschera sul volto, combatte gli spiriti maligni. Un rituale tecnologico e contemporaneo esteticamente molto bello ma che rischia di lasciare anche smarriti perché non si capisce bene, alla fine, quale sia la reale ancora di salvezza.

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Un’avventura visiva e fisica dove il pubblico è immerso in scenari strabilianti con i superlativi danzatori della Company Wayne McGregor. Sto parlando del nuovo lavoro “Universe: A Dark Crystal Odyssey” del coreografo britannico, direttore della Biennale Danza di Venezia che, dopo il Teatro Grande di Brescia, è approdato felicemente a Milano, in Triennale, il 17 e 18 febbraio, ospite di Fog, e il 21 a Reggio Emilia, al Teatro Romolo Valli. I nove danzatori si esibiscono in fluttuanti soli, passi due, a tre, a cinque, di gruppo che ricordano lo stile di Merce Cunningham, in una coreografia digitale che porta lo spettatore, per mano, in universi naturali stupefacenti: il fondo dell’oceano con due grandi pesci colorati dove i corpi danzano; boschi innevati, deserti stellati,  ma anche rovinose scene di una petroliera in fiamme, città desolate dove giovani ragazzi, in tute nere, combattono per sopravvivere, contro umani diabolici e malvagi, in scenari di devastazione.  Le suggestive ambientazioni digitali di Ravi Deepres ma anche le calde luci di Lucy Carter, i costumi di Philip Delamore e Dr.Alex Box, tute attillate, damascate blu, alle quali, nel solo di una danzatrice asiatica, si aggiungono ali che la trasformano in una farfalla del futuro ma anche mostruose figure con le teste di unicorni; la voce calda recitante di Isaiah Hull, la drammaturgia studiata nei minimi dettagli di Uzma Hameed, hanno creato un puzzle spettacolare e invitante. Una creazione in cui McGregor svela tutta la sua passione per il genere fantasy, ispirato dal film cult “The Dark Crystal” di Jim Henson, dove elementi di un immaginario medioevale, lo spettacolo inizia, infatti, in una libreria ricca di oggetti, immagini di rettili, simboli esoterici e sacri, si mescolano in modo molto superficiale, per  viaggiare verso un futuro tecnologico in cui l’umanità e la natura, alla fine, ritrovano l’armonia perduta. I corpi dei danzatori si dibattono nella perenne lotta tra il bene e il male, tra influenze gotiche, aneliti mistici di ogni genere, dalle pietre filosofali, ai riti sciamani: un uomo vestito di paglia con una maschera sul volto, combatte gli spiriti maligni. Un rituale tecnologico e contemporaneo esteticamente molto bello ma che rischia di lasciare anche smarriti perché non si capisce bene, alla fine, quale sia la reale ancora di salvezza.

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