L’asteroide di D’Agostin tra scienza, musical e teatro


L’asteroide di D’Agostin tra scienza, musical e teatro
ASTEROIDE_D'Agostin®MasiarPasquali

Esilarante e straordinario, Marco D’Agostin si presenta a Milano, sul palcoscenico del Teatro Studio Melato, con il suo nuovo spettacolo dal titolo Asteroide (fino all’8 giugno) nei panni dell’appassionato paleologo statunitense Walter Alvarez, ripercorrendo con intensità e poesia le tappe della sua vita. Figlio del premio Nobel Luis W. Alvarez, con cui elaborò la teoria dell’estinzione dei dinosauri causata da un asteroide, D’Agostin ci guida attraverso un monologo ricco di emozioni, intervallato da piccoli gesti, accenni di musica nata in collaborazione con Luca Scapellato , ricordi. Ripercorre con dolcezza e un pizzico di ironia l’infanzia di Walter, quando la madre lo accompagnava al Museo di Storia Naturale, dove dialogava con l’amico Tyrannosaurus rex e scopriva il suo primo grande amore, ma anche il dolore. La scena si fa potente quando, dopo il crollo della relazione con la donna amata ( e qui s’innesca finzione e realtà perchè d’Agostin parte da una recente vicenda di dolore personale) nel suo animo si scatena un disastro simile a quello che portò all’estinzione dei dinosauri: la vita sprofonda, tutto sembra perduto, e il dolore si fa insopportabile, un impatto devastante. Poetica e toccante  la scena  in cui, tornato dall’Italia, dove aveva incontrato la micropaleontologa Isabella Premoli Silva a Gubbio, per esaminare lo strato di argilla che conteneva l’iridio, ritorna dalla sua compagna che gli confessa di non amarlo più. Seduto sotto una luce calda, sul palco, affronta la sua caduta con desolazione, ma la danza lo salva. Sì, perché il musical, quel genere spesso considerato “imbarazzante”, lo prende e lo rialza, coinvolgendo il pubblico in un incanto di condivisione. Tutti noi abbiamo vissuto almeno una volta quel dolore che sembra annientarci, ma che, piano piano, ci spinge a guardare oltre, verso qualcosa di più grande. Sulla scena, le parole si mescolano a musica e movimento: D’Agostin recita, canta, danza, cogliendo con sottile ironia tutti i registri dell’esistenza, dai momenti leggeri a quelli più profondi e riflessivi. Non lascia mai lo spettatore, anzi, lo accompagna con delicatezza tra i personaggi che interpreta, muovendosi tra un tavolino e uno sgabello di legno e ferro, uno zaino da esploratore pieno di oggetti, una borraccia, un cappello, un libro e una grande radio. Un’attrice seduta tra il pubblico confessa di essere anche lei una paleologa; legge il foglio che il protagonista le ha dato e cerca di rispondere alle domande sulla vita, sul mondo, sulla terra. La realtà, per lei, non è un racconto: non si può sapere cosa ci aspetta nella pagina successiva. La scena si anima con un’esilarante performance in pailettes dorate e cappello da cowboy, quando D’Agostin lascia il palco tra gli applausi. Il sipario si chiude, e dei fari illuminano una strana creatura a sei zampe che cammina e danza, allungando gli arti come un ballerino o una ballerina. L’insolito animale osserva il pubblico, un po’ intimorito, quasi a dirci che non saremo più soli: un nuovo essere sta per popolare il nostro pianeta, pronto a danzare e affrontare la vita con ironia.

 

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Esilarante e straordinario, Marco D’Agostin si presenta a Milano, sul palcoscenico del Teatro Studio Melato, con il suo nuovo spettacolo dal titolo Asteroide (fino all’8 giugno) nei panni dell’appassionato paleologo statunitense Walter Alvarez, ripercorrendo con intensità e poesia le tappe della sua vita. Figlio del premio Nobel Luis W. Alvarez, con cui elaborò la teoria dell’estinzione dei dinosauri causata da un asteroide, D’Agostin ci guida attraverso un monologo ricco di emozioni, intervallato da piccoli gesti, accenni di musica nata in collaborazione con Luca Scapellato , ricordi. Ripercorre con dolcezza e un pizzico di ironia l’infanzia di Walter, quando la madre lo accompagnava al Museo di Storia Naturale, dove dialogava con l’amico Tyrannosaurus rex e scopriva il suo primo grande amore, ma anche il dolore. La scena si fa potente quando, dopo il crollo della relazione con la donna amata ( e qui s’innesca finzione e realtà perchè d’Agostin parte da una recente vicenda di dolore personale) nel suo animo si scatena un disastro simile a quello che portò all’estinzione dei dinosauri: la vita sprofonda, tutto sembra perduto, e il dolore si fa insopportabile, un impatto devastante. Poetica e toccante  la scena  in cui, tornato dall’Italia, dove aveva incontrato la micropaleontologa Isabella Premoli Silva a Gubbio, per esaminare lo strato di argilla che conteneva l’iridio, ritorna dalla sua compagna che gli confessa di non amarlo più. Seduto sotto una luce calda, sul palco, affronta la sua caduta con desolazione, ma la danza lo salva. Sì, perché il musical, quel genere spesso considerato “imbarazzante”, lo prende e lo rialza, coinvolgendo il pubblico in un incanto di condivisione. Tutti noi abbiamo vissuto almeno una volta quel dolore che sembra annientarci, ma che, piano piano, ci spinge a guardare oltre, verso qualcosa di più grande. Sulla scena, le parole si mescolano a musica e movimento: D’Agostin recita, canta, danza, cogliendo con sottile ironia tutti i registri dell’esistenza, dai momenti leggeri a quelli più profondi e riflessivi. Non lascia mai lo spettatore, anzi, lo accompagna con delicatezza tra i personaggi che interpreta, muovendosi tra un tavolino e uno sgabello di legno e ferro, uno zaino da esploratore pieno di oggetti, una borraccia, un cappello, un libro e una grande radio. Un’attrice seduta tra il pubblico confessa di essere anche lei una paleologa; legge il foglio che il protagonista le ha dato e cerca di rispondere alle domande sulla vita, sul mondo, sulla terra. La realtà, per lei, non è un racconto: non si può sapere cosa ci aspetta nella pagina successiva. La scena si anima con un’esilarante performance in pailettes dorate e cappello da cowboy, quando D’Agostin lascia il palco tra gli applausi. Il sipario si chiude, e dei fari illuminano una strana creatura a sei zampe che cammina e danza, allungando gli arti come un ballerino o una ballerina. L’insolito animale osserva il pubblico, un po’ intimorito, quasi a dirci che non saremo più soli: un nuovo essere sta per popolare il nostro pianeta, pronto a danzare e affrontare la vita con ironia.

 

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