Tra emozioni e istinti Carolyn cerca sé stessa


Tra emozioni e istinti Carolyn cerca sé stessa
Ritratto Carlson Foto Jean Louis Fernandez

”Un poema in cinque parti, su una donna sola che nel deserto ripercorre con la memoria altri tempi. Un viaggio, il suo, che è un rientrare in se stessi per scoprire l’essenza stessa dell’esistere…È difficile spiegare i miei spettacoli, bisogna vederli, sentirli”. Le parole di Carolyn Carlson per descrivere il suo ultimo assolo Vu d’Ici, settanta minuti di spettacolo in scena al teatro studio da martedì 9 al 13 ottobre (ore 20.30), sono ricche di evocazioni, di immagini, di spiritualità. Da trent’anni buddista, un corpo longilineo e asciutto, due occhi verdi così carismatici da non riuscire a evitarne lo sguardo, la bionda danzatrice californiana formatasi alla scuola di Alwin Nikolais e illuminata a Parigi, dove attualmente vive, da un altro suo grande maestro, Rolf Liebermann, rapita poi per cinque anni dal fascino di Venezia dove ha diretto una delle compagnie italiane più interessanti, ritorna a 52 anni in palcoscenico con un genere a lei molto congeniale: l’assolo.
Perché ama tanto danzare da sola?
Perché mi sento incredibilmente libera, una messaggera pronta a condividere con il pubblico delle emozioni. Uno spettacolo non è solo un intrattenimento, è un modo di aprirsi agli altri e in questa sorta di dare succede qualcosa che trasforma tutti. L’arte è proprio questo, uno scambio che cambia noi stessi e gli altri.
Cosa significa “Vu d’Ici”?
Vista da qui: fatti una scena, ogni sezione è un diverso modo di vedere a seconda di dove sposto la mia sedia.
Lo spettacolo è ispirato a uno dei libri più famosi di Clarissa Pinkola-Estes, nota psicanalista americana junghiana, “Donne che corrono coi lupi”.
Il libro di Pinkola-Estes, non è un testo di psicologia, si parla di ritorno agli istinti, alle necessità primarie che sono qualcosa di più profondo della psicologia.
Un ritorno al mito della donna selvaggia?
Si, si parla anche di questo. Penso che sia molto importante oggi che viviamo in un mondo culturalmente così pieno di pensieri e di cose, riscoprire i nostri istinti.
Perché il deserto?
Il deserto simboleggia la mia solitudine. È il vuoto, lo spazio, la distanza. Quando ci si trova soli nel deserto ci si sente molto piccoli.
La musica è di Gabriel Yared
No, sono tutte le novità tranne un pezzo che ho scelto dal film Camille Claudel perché mi piaceva moltissimo. I costumi sono invece dello stilista marocchino, Azzedine Alaia, di cui mi piace la semplicità. Nella vita sono sempre alla ricerca della semplicità. Per essere spirituale è necessario essere semplici.
Ha altri progetti di lavoro?
Sto preparando con il pittore Olivier Debré uno spettacolo che debutterà a giugno all’Opéra de la Bastille con diciotto danzatori ispirato al sorriso della Gioconda. Con il regista italiano Gianni Di Luigi stiamo invece lavorando allo spettacolo che prepareremo tra Venezia e Parigi dal titolo “Dall’Interno” e che debutterà nel gennaio ‘98.

(Pubblicato in La Repubblica 6/10/1996)

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Tra emozioni e istinti Carolyn cerca sé stessa


Tra emozioni e istinti Carolyn cerca sé stessa
Ritratto Carlson Foto Jean Louis Fernandez

”Un poema in cinque parti, su una donna sola che nel deserto ripercorre con la memoria altri tempi. Un viaggio, il suo, che è un rientrare in se stessi per scoprire l’essenza stessa dell’esistere…È difficile spiegare i miei spettacoli, bisogna vederli, sentirli”. Le parole di Carolyn Carlson per descrivere il suo ultimo assolo Vu d’Ici, settanta minuti di spettacolo in scena al teatro studio da martedì 9 al 13 ottobre (ore 20.30), sono ricche di evocazioni, di immagini, di spiritualità. Da trent’anni buddista, un corpo longilineo e asciutto, due occhi verdi così carismatici da non riuscire a evitarne lo sguardo, la bionda danzatrice californiana formatasi alla scuola di Alwin Nikolais e illuminata a Parigi, dove attualmente vive, da un altro suo grande maestro, Rolf Liebermann, rapita poi per cinque anni dal fascino di Venezia dove ha diretto una delle compagnie italiane più interessanti, ritorna a 52 anni in palcoscenico con un genere a lei molto congeniale: l’assolo.
Perché ama tanto danzare da sola?
Perché mi sento incredibilmente libera, una messaggera pronta a condividere con il pubblico delle emozioni. Uno spettacolo non è solo un intrattenimento, è un modo di aprirsi agli altri e in questa sorta di dare succede qualcosa che trasforma tutti. L’arte è proprio questo, uno scambio che cambia noi stessi e gli altri.
Cosa significa “Vu d’Ici”?
Vista da qui: fatti una scena, ogni sezione è un diverso modo di vedere a seconda di dove sposto la mia sedia.
Lo spettacolo è ispirato a uno dei libri più famosi di Clarissa Pinkola-Estes, nota psicanalista americana junghiana, “Donne che corrono coi lupi”.
Il libro di Pinkola-Estes, non è un testo di psicologia, si parla di ritorno agli istinti, alle necessità primarie che sono qualcosa di più profondo della psicologia.
Un ritorno al mito della donna selvaggia?
Si, si parla anche di questo. Penso che sia molto importante oggi che viviamo in un mondo culturalmente così pieno di pensieri e di cose, riscoprire i nostri istinti.
Perché il deserto?
Il deserto simboleggia la mia solitudine. È il vuoto, lo spazio, la distanza. Quando ci si trova soli nel deserto ci si sente molto piccoli.
La musica è di Gabriel Yared
No, sono tutte le novità tranne un pezzo che ho scelto dal film Camille Claudel perché mi piaceva moltissimo. I costumi sono invece dello stilista marocchino, Azzedine Alaia, di cui mi piace la semplicità. Nella vita sono sempre alla ricerca della semplicità. Per essere spirituale è necessario essere semplici.
Ha altri progetti di lavoro?
Sto preparando con il pittore Olivier Debré uno spettacolo che debutterà a giugno all’Opéra de la Bastille con diciotto danzatori ispirato al sorriso della Gioconda. Con il regista italiano Gianni Di Luigi stiamo invece lavorando allo spettacolo che prepareremo tra Venezia e Parigi dal titolo “Dall’Interno” e che debutterà nel gennaio ‘98.

(Pubblicato in La Repubblica 6/10/1996)

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