Un padre nella Tempesta


Un padre nella Tempesta
Aterballetto "Tempesta" di Giuseppe Spota Foto Viola Berlanda

Un padre con la piccola figlia tra le braccia vaga, disorientato su un’isola, dopo il terribile naufragio. Depredato di ogni suo bene resterà esiliato per dodici anni ma sull’isola accadono eventi misteriosi e inaspettati. Sboccia un amore, si ricompone una fratellanza, si scacciano nemici , si libera uno spirito intrappolato. Tempesta del coreografo Giuseppe Spota, al suo debutto al Piccolo Teatro Strehler, con gli straordinari danzatori di Aterballetto, ha regalato al pubblico immagini suggestive, cariche di risonanze emotive e spirituali, dell’ultima opera scritta interamente da Shakespeare tra il 1610 e il 1611. Ricca di spunti salvifici più che sanguinari la storia del re Prospero, duca di Milano e della figlioletta Miranda, naufraghi su un’isola popolata da strane creature tra cui Calibano, dopo che il fratello geloso, Antonio, lo ha deposto, tradotta in linguaggio coreografico, apre visuali inaspettate. Complice la suggestiva musica di Giuliano Sangiorgio mirata per i passi a due ma anche molto idonea, nel crescendo dei toni, nel creare momenti di danza tribale di grande effetto, con Calibano e le sue moltiplicazioni, un gruppo di danzatori in tute con disegni aborigeni. Ma non solo la drammaturgia di Pasquale Plastino e le scene di Giacomo Andrico, attraverso l’utilizzo di tavole con specchi, zattere mobili, un piccolo video in bianco e nero che si accende all’inizio, con due bimbetti che giocano a braccio di ferro (evidente il richiamo alla lotta tra Prospero e Antonio), la roccia (invece dell’albero) dalla quale si libera Ariel e altri piccoli segni come la barca a vela bianca che scende dall’alto prima delle annunciate nozze di Miranda e Ferdinando, regalano voli pindarici alla fantasia. Tradurre un’opera teatrale in danza, non è un’operazione sicuramente facile, alcuni momenti di Tempesta sono risultati un po’ troppo lunghi (per esempio la danza di Ariel e il passo a due tra Miranda e Ferdinando) ma, nell’insieme, l’operazione ha funzionato con il merito di aver tradotto, con i corpi i segni del mistero (Prospero riesce a far arrivare tutti sull’isola), della pietà, del perdono e della speranza . Un grande applauso ai danzatori di Aterballetto che si conquistano, ogni giorno, in scena il meritato successo.

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Aterballetto "Tempesta" di Giuseppe Spota Foto Viola Berlanda

Un padre con la piccola figlia tra le braccia vaga, disorientato su un’isola, dopo il terribile naufragio. Depredato di ogni suo bene resterà esiliato per dodici anni ma sull’isola accadono eventi misteriosi e inaspettati. Sboccia un amore, si ricompone una fratellanza, si scacciano nemici , si libera uno spirito intrappolato. Tempesta del coreografo Giuseppe Spota, al suo debutto al Piccolo Teatro Strehler, con gli straordinari danzatori di Aterballetto, ha regalato al pubblico immagini suggestive, cariche di risonanze emotive e spirituali, dell’ultima opera scritta interamente da Shakespeare tra il 1610 e il 1611. Ricca di spunti salvifici più che sanguinari la storia del re Prospero, duca di Milano e della figlioletta Miranda, naufraghi su un’isola popolata da strane creature tra cui Calibano, dopo che il fratello geloso, Antonio, lo ha deposto, tradotta in linguaggio coreografico, apre visuali inaspettate. Complice la suggestiva musica di Giuliano Sangiorgio mirata per i passi a due ma anche molto idonea, nel crescendo dei toni, nel creare momenti di danza tribale di grande effetto, con Calibano e le sue moltiplicazioni, un gruppo di danzatori in tute con disegni aborigeni. Ma non solo la drammaturgia di Pasquale Plastino e le scene di Giacomo Andrico, attraverso l’utilizzo di tavole con specchi, zattere mobili, un piccolo video in bianco e nero che si accende all’inizio, con due bimbetti che giocano a braccio di ferro (evidente il richiamo alla lotta tra Prospero e Antonio), la roccia (invece dell’albero) dalla quale si libera Ariel e altri piccoli segni come la barca a vela bianca che scende dall’alto prima delle annunciate nozze di Miranda e Ferdinando, regalano voli pindarici alla fantasia. Tradurre un’opera teatrale in danza, non è un’operazione sicuramente facile, alcuni momenti di Tempesta sono risultati un po’ troppo lunghi (per esempio la danza di Ariel e il passo a due tra Miranda e Ferdinando) ma, nell’insieme, l’operazione ha funzionato con il merito di aver tradotto, con i corpi i segni del mistero (Prospero riesce a far arrivare tutti sull’isola), della pietà, del perdono e della speranza . Un grande applauso ai danzatori di Aterballetto che si conquistano, ogni giorno, in scena il meritato successo.

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