Un viaggio virtuale nel mondo con la danza


Un viaggio virtuale nel mondo con la danza
Daniel Ezralow oggi

Emblema degli anni Ottanta di una danza spensierata, ottimista, entusiasta, solare, interpretata con un corpo vigoroso, bello, atletico, edonisticamente attraente, insomma perfetto, il ballerino californiano Daniel Ezralow ha compiuto, a 39 anni, il giro di boa e questa volta a 160 gradi. Finita l’esperienza con la danza surreale e ginnica dei Pilobolus e dei Momix, chiusi i battenti di un’altra formazione da lui fondata nell’86, all’insegna dello slogan “I’m so optimistic” (Sono così ottimista), l’inquieto Ezralow, riccioli castani fino alle spalle, occhi verdi, lentiggini sulle guance color latte, lo sguardo che comunica una vivacità trasgressiva mista a una malinconia trasognata, figlio di padre canadese e mamma israeliana, con nonni russi, ha deciso di svelare la nuova strada dettatagli dal cuore: “Il bisogno di relazionarsi con la propria anima, il corpo e una fonte inesauribile di energia, l’Universo”. Ce ne ha parlato in occasione del suo ultimo spettacolo, “Mandala”, una sorta di viaggio virtuale nel mondo, realizzato tra immagini proiettate con il computer su schermi giganti e citazioni tecnologiche, spirituali, artistiche e filosofiche.
Che lei sia un instancabile esploratore di sé stesso e di tutti i fenomeni che la circondano non è una novità. Ma a che punto è della sua ricerca interiore?
Ho cominciato a conoscere me stesso solo adesso. “Mandala” è  uno spettacolo che segna l’inizio di una nuova forma di danza, più onesta perché parla francamente e non ho alcuna aspettativa. Non voglio comunicare per piacere agli spettatori, ma voglio che il pubblico abbia un approccio alla mia danza di tipo fisico e non intellettuale.
Sta forse rinnegando le sue creazioni precedenti?
No, sono sempre stato onesto nella mia danza ma adesso sto cercando di essere veramente quello che voglio essere.
Vale a dire?
Una persona che ha un equilibrio interiore solido, ma che è anche pronta a lasciare il centro per andare oltre, e scoprire nuove cose, nuovi mondi. Cercare sé stessi vuol dire anche perdersi per poi ritrovarsi. E tutto questo lo rappresento anche con il corpo, passando da posizioni di perfetto equilibrio ad altre più acrobatiche.
Spiritualità, meditazione, buddismo. L’oriente la rapita. Si tratta di una terapia per riprendersi dei ritmi frenetici del mondo occidentale o anche lei segue l’onda di una tendenza che dall’America sta dilagando in Europa?
Il bisogno di riscoprire valori della cultura orientale non è una prerogativa solo americana, ma di tutto il mondo. Credo che oggi ci sia un bisogno generale da parte degli individui a guardare di più a sé stessi. La comunicazione è cambiata e di conseguenza anche noi. Vent’anni fa non esistevano né video né Internet. Oggi c’è una reazione spirituale alla tecnologia, ma è importante capire che i mezzi tecnologici ci possono aiutare a migliorare non a distruggere il nostro lato emozionale, umanistico, naturale e spirituale. Dalai Lama, ad esempio, che noi immaginiamo sulla montagna avvolto dagli incensi, in un ambiente dove non si sporca le mani, ama invece lavorare sui motori delle macchine.
Le piace vivere in quest’epoca o avrebbe preferito nascere in un altro secolo?
Mi capita spesso di fantasticare di vivere in un’altra epoca, ad esempio nel medioevo o nel Rinascimento; non so perché quando sono a Bologna, vado spesso a visitare le torri medievali e mi chiedo: se fossi vissuto in quel periodo, chi sarei stato? Un mendicante, un assassino, un ricco, un contadino?
C’è qualcosa che proprio non sopporta in questa società?
L’aspetto frenetico, non mi piace stare nella folla. In questo momento, ad esempio, non vedo l’ora di tornare a casa mia, a Los Angeles, per stare un po’ tranquillo.
Ma non viveva in una bella casa in campagna vicino a New York?
Sono ritornato a vivere a Los Angeles per un motivo importante: la mia ragazza abita lì e anche i miei genitori. Sto riscoprendo il piacere di stare vicino alla mia famiglia, perché solo da adulti si capisce chi sono veramente i genitori e quanto si può imparare da loro.
E con la sua ragazza… è pronto a fare il grande passo?
Ci sono quasi. Non nascondo che il legame fisso mi fa molta paura, ma credo che sia un’esperienza da fare, importante come quella di diventare padre. Il problema nasce quando si pensa che con il matrimonio tutto finisca, mentre invece bisognerebbe sentire che è una libera scelta e non un obbligo. Ho avuto molte relazioni lunghe con donne diverse, ma è da poco che ho capito una cosa fondamentale: solo se si conosce se stessi si trova l’amore. La base dell’amore è nella gioia di “dare” agli altri senza aspettative.
E lei ama sé stesso?
A volte si e a volte no. L’amore è saper perdonare noi stessi. L’amore esiste in tutti noi, il problema è che a volte lo copriamo con la mente o anche con il sesso.
Perché sesso amore per lei sono separati?
No, il sesso deve essere unito all’amore, che è energia.
È sempre molto schivo ai complimenti sulla sua bellezza, non le piace sentirsi considerato un Adone?
Mi piace quando le persone mi apprezzano con il cuore, perché hanno capito quello che voglio esprimere con il mio spirito. Il corpo è uno specchio dello spirito: se questo è bloccato, anche il corpo non funziona bene. Non mi piace il corpo così come strumento fino a sé stesso.
Quante ore al giorno si allena?
Non sono una persona metodica, fa parte del mio carattere creativo. Vorrei però riuscire a trovare ogni giorno-e non invece solo sporadicamente-il tempo per fare una lezione di yoga e un po’ di meditazione. Ascoltare il proprio respiro è molto importante. Per prepararmi a uno spettacolo mi alleno alla sbarra, faccio esercizi apposta per la schiena e altre che ho imparato quindici anni fa per la riabilitazione del ginocchio che mi ero fratturato.
E per mantenersi in forma, segue una dieta particolare?
No, non mi piace molto la carne neppure i dolci, mentre adoro la pasta.
Lei si è avvicinato alla danza molto tardi, a diciotto anni, quando ha lasciato la Facoltà di medicina a Berkeley per studiare con Lar Lubovitch e poi con Paul Taylor, ma non si può dire che questo abbia inciso sulla sua straordinaria carriera.
All’università praticavo molti sport, basket, tennis, football americano, corsa agli ostacoli. Il mio fisico era allenato, per cui non ho avuto difficoltà.
Cosa pensa di Rudolf Nureyev, un ballerino così diverso da lei e che tuttavia ha voluto danzare una delle sue più riuscite coreografie, “Brothers”?
Nureyev l’ho incontrato per la prima volta a New York nell’82 e mi ha subito apprezzato come danzatore. Era un uomo con un’energia unica, anzi non era un uomo ma un animale: non ho mai più conosciuto nessuno come lui. C’era una grande distanza tra i nostri stili, ma l’amore che sprigionava per la vita era qualcosa di straordinario.
(Pubblicato in Fitness Magazine -1995- Foto D.Ezralow oggi diversa)

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Un viaggio virtuale nel mondo con la danza
Daniel Ezralow oggi

Emblema degli anni Ottanta di una danza spensierata, ottimista, entusiasta, solare, interpretata con un corpo vigoroso, bello, atletico, edonisticamente attraente, insomma perfetto, il ballerino californiano Daniel Ezralow ha compiuto, a 39 anni, il giro di boa e questa volta a 160 gradi. Finita l’esperienza con la danza surreale e ginnica dei Pilobolus e dei Momix, chiusi i battenti di un’altra formazione da lui fondata nell’86, all’insegna dello slogan “I’m so optimistic” (Sono così ottimista), l’inquieto Ezralow, riccioli castani fino alle spalle, occhi verdi, lentiggini sulle guance color latte, lo sguardo che comunica una vivacità trasgressiva mista a una malinconia trasognata, figlio di padre canadese e mamma israeliana, con nonni russi, ha deciso di svelare la nuova strada dettatagli dal cuore: “Il bisogno di relazionarsi con la propria anima, il corpo e una fonte inesauribile di energia, l’Universo”. Ce ne ha parlato in occasione del suo ultimo spettacolo, “Mandala”, una sorta di viaggio virtuale nel mondo, realizzato tra immagini proiettate con il computer su schermi giganti e citazioni tecnologiche, spirituali, artistiche e filosofiche.
Che lei sia un instancabile esploratore di sé stesso e di tutti i fenomeni che la circondano non è una novità. Ma a che punto è della sua ricerca interiore?
Ho cominciato a conoscere me stesso solo adesso. “Mandala” è  uno spettacolo che segna l’inizio di una nuova forma di danza, più onesta perché parla francamente e non ho alcuna aspettativa. Non voglio comunicare per piacere agli spettatori, ma voglio che il pubblico abbia un approccio alla mia danza di tipo fisico e non intellettuale.
Sta forse rinnegando le sue creazioni precedenti?
No, sono sempre stato onesto nella mia danza ma adesso sto cercando di essere veramente quello che voglio essere.
Vale a dire?
Una persona che ha un equilibrio interiore solido, ma che è anche pronta a lasciare il centro per andare oltre, e scoprire nuove cose, nuovi mondi. Cercare sé stessi vuol dire anche perdersi per poi ritrovarsi. E tutto questo lo rappresento anche con il corpo, passando da posizioni di perfetto equilibrio ad altre più acrobatiche.
Spiritualità, meditazione, buddismo. L’oriente la rapita. Si tratta di una terapia per riprendersi dei ritmi frenetici del mondo occidentale o anche lei segue l’onda di una tendenza che dall’America sta dilagando in Europa?
Il bisogno di riscoprire valori della cultura orientale non è una prerogativa solo americana, ma di tutto il mondo. Credo che oggi ci sia un bisogno generale da parte degli individui a guardare di più a sé stessi. La comunicazione è cambiata e di conseguenza anche noi. Vent’anni fa non esistevano né video né Internet. Oggi c’è una reazione spirituale alla tecnologia, ma è importante capire che i mezzi tecnologici ci possono aiutare a migliorare non a distruggere il nostro lato emozionale, umanistico, naturale e spirituale. Dalai Lama, ad esempio, che noi immaginiamo sulla montagna avvolto dagli incensi, in un ambiente dove non si sporca le mani, ama invece lavorare sui motori delle macchine.
Le piace vivere in quest’epoca o avrebbe preferito nascere in un altro secolo?
Mi capita spesso di fantasticare di vivere in un’altra epoca, ad esempio nel medioevo o nel Rinascimento; non so perché quando sono a Bologna, vado spesso a visitare le torri medievali e mi chiedo: se fossi vissuto in quel periodo, chi sarei stato? Un mendicante, un assassino, un ricco, un contadino?
C’è qualcosa che proprio non sopporta in questa società?
L’aspetto frenetico, non mi piace stare nella folla. In questo momento, ad esempio, non vedo l’ora di tornare a casa mia, a Los Angeles, per stare un po’ tranquillo.
Ma non viveva in una bella casa in campagna vicino a New York?
Sono ritornato a vivere a Los Angeles per un motivo importante: la mia ragazza abita lì e anche i miei genitori. Sto riscoprendo il piacere di stare vicino alla mia famiglia, perché solo da adulti si capisce chi sono veramente i genitori e quanto si può imparare da loro.
E con la sua ragazza… è pronto a fare il grande passo?
Ci sono quasi. Non nascondo che il legame fisso mi fa molta paura, ma credo che sia un’esperienza da fare, importante come quella di diventare padre. Il problema nasce quando si pensa che con il matrimonio tutto finisca, mentre invece bisognerebbe sentire che è una libera scelta e non un obbligo. Ho avuto molte relazioni lunghe con donne diverse, ma è da poco che ho capito una cosa fondamentale: solo se si conosce se stessi si trova l’amore. La base dell’amore è nella gioia di “dare” agli altri senza aspettative.
E lei ama sé stesso?
A volte si e a volte no. L’amore è saper perdonare noi stessi. L’amore esiste in tutti noi, il problema è che a volte lo copriamo con la mente o anche con il sesso.
Perché sesso amore per lei sono separati?
No, il sesso deve essere unito all’amore, che è energia.
È sempre molto schivo ai complimenti sulla sua bellezza, non le piace sentirsi considerato un Adone?
Mi piace quando le persone mi apprezzano con il cuore, perché hanno capito quello che voglio esprimere con il mio spirito. Il corpo è uno specchio dello spirito: se questo è bloccato, anche il corpo non funziona bene. Non mi piace il corpo così come strumento fino a sé stesso.
Quante ore al giorno si allena?
Non sono una persona metodica, fa parte del mio carattere creativo. Vorrei però riuscire a trovare ogni giorno-e non invece solo sporadicamente-il tempo per fare una lezione di yoga e un po’ di meditazione. Ascoltare il proprio respiro è molto importante. Per prepararmi a uno spettacolo mi alleno alla sbarra, faccio esercizi apposta per la schiena e altre che ho imparato quindici anni fa per la riabilitazione del ginocchio che mi ero fratturato.
E per mantenersi in forma, segue una dieta particolare?
No, non mi piace molto la carne neppure i dolci, mentre adoro la pasta.
Lei si è avvicinato alla danza molto tardi, a diciotto anni, quando ha lasciato la Facoltà di medicina a Berkeley per studiare con Lar Lubovitch e poi con Paul Taylor, ma non si può dire che questo abbia inciso sulla sua straordinaria carriera.
All’università praticavo molti sport, basket, tennis, football americano, corsa agli ostacoli. Il mio fisico era allenato, per cui non ho avuto difficoltà.
Cosa pensa di Rudolf Nureyev, un ballerino così diverso da lei e che tuttavia ha voluto danzare una delle sue più riuscite coreografie, “Brothers”?
Nureyev l’ho incontrato per la prima volta a New York nell’82 e mi ha subito apprezzato come danzatore. Era un uomo con un’energia unica, anzi non era un uomo ma un animale: non ho mai più conosciuto nessuno come lui. C’era una grande distanza tra i nostri stili, ma l’amore che sprigionava per la vita era qualcosa di straordinario.
(Pubblicato in Fitness Magazine -1995- Foto D.Ezralow oggi diversa)

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