La coppia Bolle-Zakharova in “Manon” ammalia il pubblico


La coppia Bolle-Zakharova in “Manon” ammalia il pubblico
Roberto Bolle e Svetlana Zakharova in "L'histoire de Manon" Foto Brescia e Amisano

Bolle e Zakharova, ieri sera  alla Scala, in L’Histoire de Manon, del coreografo scozzese Kenneth MacMillan (repliche con altri cast fino al 2/11), hanno confermato la bellezza di un incontro artistico che sa, ogni volta, rinnovarsi con una delicata magia. Li abbiamo visti danzare  nei ruoli dei due protagonisti, il giovane Des Grieux e la seducente Manon, nelle stagioni 2012-13 e 2014-15 e, in questo nuovo debutto scaligero, la loro intesa artistica sembra ancora più affinata. Bolle e Zakharova che balleranno ancora insieme nelle recite del 19 e 24 ottobre, attraversano tutti i registri interpretativi di questo balletto drammatico, creato da MacMillan nel 1974 e che comparve alla Scala nel 1992, con lo struggente “pas de deux” del terzo atto, danzato da Alessandra Ferri (altra grande interprete che ha fatto di Manon un suo cavallo di battaglia) e Irek Mukhamedov. L’étoile russa ha saputo calarsi nei panni dell’incosciente sedicenne con gioiosa leggerezza nel primo atto, con altezzosa superbia nel secondo e, con drammatico spaesamento esistenziale, nel terzo quando, deportata in stracci dalla Francia a New Orleans, abusata dal suo carceriere, induce Des Grieux all’assassinio del suo carnefice, prima di spegnersi tra le sue braccia. Bolle elargisce “pathos” al personaggio, regala pose di aerea leggerezza alla sua partner seguendo il prezioso collage di brani musicali di Jules Massenet. Nicola del Freo si appropria bene del ruolo del ruffiano Lescaut, il fratello di Manon e Martina Arduino in quello della sua sensuale amante. Calorosi applausi a tutta la compagnia scaligera e al direttore d’orchestra, il russo Felix Korobov. Le scene e i costumi di Nicholas Georgiadis che, con Mac Millan ebbe un altro, grande sodalizio artistico, sono un affresco dalle tinte calde, ramate, della Francia illuminista, sospesa tra lascività e grandi passioni.

Leggi le mie  interviste a Roberto Bolle  e a Svetlana Zakharova

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Bolle e Zakharova, ieri sera  alla Scala, in L’Histoire de Manon, del coreografo scozzese Kenneth MacMillan (repliche con altri cast fino al 2/11), hanno confermato la bellezza di un incontro artistico che sa, ogni volta, rinnovarsi con una delicata magia. Li abbiamo visti danzare  nei ruoli dei due protagonisti, il giovane Des Grieux e la seducente Manon, nelle stagioni 2012-13 e 2014-15 e, in questo nuovo debutto scaligero, la loro intesa artistica sembra ancora più affinata. Bolle e Zakharova che balleranno ancora insieme nelle recite del 19 e 24 ottobre, attraversano tutti i registri interpretativi di questo balletto drammatico, creato da MacMillan nel 1974 e che comparve alla Scala nel 1992, con lo struggente “pas de deux” del terzo atto, danzato da Alessandra Ferri (altra grande interprete che ha fatto di Manon un suo cavallo di battaglia) e Irek Mukhamedov. L’étoile russa ha saputo calarsi nei panni dell’incosciente sedicenne con gioiosa leggerezza nel primo atto, con altezzosa superbia nel secondo e, con drammatico spaesamento esistenziale, nel terzo quando, deportata in stracci dalla Francia a New Orleans, abusata dal suo carceriere, induce Des Grieux all’assassinio del suo carnefice, prima di spegnersi tra le sue braccia. Bolle elargisce “pathos” al personaggio, regala pose di aerea leggerezza alla sua partner seguendo il prezioso collage di brani musicali di Jules Massenet. Nicola del Freo si appropria bene del ruolo del ruffiano Lescaut, il fratello di Manon e Martina Arduino in quello della sua sensuale amante. Calorosi applausi a tutta la compagnia scaligera e al direttore d’orchestra, il russo Felix Korobov. Le scene e i costumi di Nicholas Georgiadis che, con Mac Millan ebbe un altro, grande sodalizio artistico, sono un affresco dalle tinte calde, ramate, della Francia illuminista, sospesa tra lascività e grandi passioni.

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